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Sito web della comunità Masci Faenza 1

W LA GENTE!
LE STRADE DELLA SOLIDARIETA’
(Inserito da: Valeria Minardi)

Appunti sull'incontro "W LA GENTE! LE STRADE DELLA SOLIDARIETA'" tenutosi a Forlì il 30 maggio 2009 raccolti da Valeria Minardi.
Si sono susseguiti gli interventi di Sauro (presidente Caritas diocesi Forlì-Bertinoro), Vanni Fabbri (Ass. LVIA Associazione di solidarietà e cooperazione internazionale Volontari laici), Alessandra (capo reparto AGESCI Fo10), Antonia e Tina (Comunità M.A.S.C.I. Meldola1), Rosella (Comunità M.A.S.C.I. Forlì 6), Michele (Comunità M.A.S.C.I. “Genitori in cammino” Forlì 11 – Coriano), Caro Cara (Comunità M.A.S.C.I. Cesena 1), Don Romano Nicolini e Vanda Sansovini (Comunità M.A.S.C.I. Forlì 6).


Sauro (presidente Caritas diocesi Forlì-Bertinoro)

Ci vuole rispetto delle culture, ma con un “patto di cittadinanza” (rispetto delle leggi, ecc.). Non bisogna fare un “miscuglio”.
L’educazione alla mondialità e la solidarietà internazionale sono necessità impellenti.
Società ordinata e pace sociale.
Da una parte amiamo il mondo, ma ci sono anche la paura e varie chiusure.
Gli immigrati ci fanno paura, perché sono poveri e ci “richiamano” con il loro grido di giustizia.
Spesso si sente dire: “Aiutiamoli... a casa loro”. E’ giusto, ma ciò non per “toglierceli di lì”. Aiutiamoli... ma a casa loro non li aiutiamo.
E’ un discorso delicato.
Attenzione a non prendercela solo con i poveri.
Il cardinal Bagnasco ha detto: “prima di tutto la dignità della vita umana e poi la legalità, la sicurezza dei cittadini...”. Sono discorsi un po’ duri, ma se perdiamo la bussola...
Mons. Nervo ci invita a confrontarci sempre con l’immigrazione, a conoscerne le cause.
Chi ha di più deve rinunciare a qualche privilegio, anche in famiglia chi ha di più, condivide con chi ha di meno.
Come dice Paolo VI: “la rabbia dei poveri ci sovrasterà”.
Le cause della crisi sono l’avidità del denaro e la cupidigia del potere. Noi stiamo male, ma chi ci fa le spese ancora di più sono i poveri.
L’8,8% delle famiglie e fra questi ci sono sì gli immigrati (che sono i primi ad essere licenziati, se salta il lavoro), mentre il 44% delle famiglie non si accorge ancora della crisi.
Cosa possiamo fare? Cosa fare per educarci?
Ci sono tre modi:
1)    porre al centro la persona nella sua quotidianità;
2)    ripensare agli stili di vita;
3)    vigilare sulle cause di questo.


Vanni Fabbri (Ass. LVIA Associazione di solidarietà e cooperazione internazionale Volontari laici)

La LVIA è un’associazione di volontariato internazionale che opera in Africa, nata negli anni Sessanta da don Aldo Benevelli.
Come si sa, il 20% delle persone consuma l’80% dei beni della terra.
E’ necessaria la condivisione con queste persone, i volontari non vanno giù per “insegnare”, ma condividono e progettano insieme, le combinano.
Questo è il concetto di globalizzazione per l’LVIA
Lo sviluppo sostenibile è questo, non è un problema, ma è un fenomeno sociale, che è di estrema ricchezza e da valutare.
Ci mette in crisi, ma è un bene che ciò avvenga.
Bisogna mettersi insieme per progettare un mondo migliore.
L’associazione LVIA ha una metodologia formativa, anche prolungata nel tempo, che parte comunque dal “sapere ascoltare le persone”.
I volontari sono presenti in una decina di paesi in Africa e ora anche in Albania (dove operano con i giovani).
Uno dei maggiori campi di azione riguarda il “diritto all’acqua”, il primo dei diritti umani per poter vivere. Si costruiscono pompe ed “insegnano” ad autogestirne il servizio.
In Burundi si occupano soprattutto nella lotta all’A.I.D.S., mentre in Senegal di salvaguardia dell’ambiente. Infatti, soprattutto il deserto si stava “plasticizzando”, in quanto riempito di bottiglie e sportine di plastica.
In Senegal, ma ora anche in Burkina, Mauritania e Mozambico, le donne si sono messe insieme (aiutate anche dall’LVIA) ed esercitano la raccolta “differenziata” di questi materiali. La plastica viene raccolta, pulita e venduta ad una fabbrica che la ricicla.
Esiste anche l’attività di formazione e sensibilizzazione nei luoghi di “abitazione”. La sede legale è a Cuneo, ma c’è anche a Forlì (in Corso Diaz), Verona, Torino, ecc.
La cooperazione è entrare in relazione con le persone e progettare insieme.


Alessandra (capo reparto AGESCI Fo10)

E’ in Comunità Capi da 7 anni ed è stata in Brasile (nel 2003 e 2007) seguendo il “progetto Catavento Barrieraf Bahia Brasile” (conosciuto durante una route).
Nel 2003 ci stette due mesi, a Bahia (nord est del Brasile, ultima città prima del deserto), nel 2007, tre mesi (viaggio in occasione della sua laurea).
La diocesi di Barrieraf è collegata a quella di Ivrea e collaborano. Il servizio che fanno è il corrispettivo della “pastorale giovanile” in Italia.
Ci sono cinque centri di accoglienza per ragazzi che hanno una propria famiglia, ma oltre la scuola, questi avrebbero solo la strada (con quel che ne segue). Ed è proprio da questa che questi centri vogliono toglierli, dando ai ragazzi delle attività pratiche, un pasto soprattutto, servizio di doposcuola (compiti, gioco, ecc.). Ora c’è anche collaborazione con il Comune.

Ci sono anche case-famiglia che accolgono i ragazzi.
Quelle “maschili” sono fattorie, anche a 90 km dalla città (devono stare lontani spesso questi per problemi legali o di sicurezza), in cui viene insegnato loro a lavorare la terra o accudire il bestiame, vivendo insieme a una coppia di genitori che, insieme ai loro figli, fanno “accoglienza”.
Quelle delle ragazze invece sono in città, ma comunque tutte ai margini, sulle pendici, nei quartieri alti, i peggiori in quanto, proprio per l’altezza, non arriva l’acqua in casa. Ci sono fogne a cielo aperto.
A questo... ci si “abitua”, anche perché le persone ti accolgono in un modo splendido.


Antonia e Tina (Comunità M.A.S.C.I. Meldola1)

Solidarietà ai bambini della Bielorussia.
Il 26 aprile 1986, all’1.23, a Chernobyl, vicino a Kiev, scoppiò il reattore nucleare. La nube radioattiva si spostò di pochi km (8 circa) invadendo la Bielorussia. Subito (ed i maggiori interventi) si fecero su Chernobyl,  considerando solo dopo quest’altra zona. Si ammalarono 336.000 persone di tumore alla tiroide e leucemia. Sono passati diversi anni, è una tragedia ormai dimenticata, ma il numero di bambini colpiti dalle radiazioni è ancora elevato.
La Comunità di Meldola accoglie nelle famiglie questi ragazzi, per uno o due mesi: questo periodo di ospitalità è sufficiente per fare diminuire notevolmente il tasso di radioattività, grazie all’alimentazione che hanno qui (frutta, verdura soprattutto), l’aria marina, il sole, ecc.
Per prima cosa, le famiglie che ospitano imparano le frasi basilari in russo (Ciao, come stai? Mi chiamo... ecc,) per poter far sentire maggiormente “a casa” questi ragazzi che venendo in qua, si trovano in un mondo completamente diverso (e non solo per la lingua) dal loro.
Dal 1996, anno di inizio, con tre bambini accolti nelle famiglie, si è arrivati agli attuali quindici, è diventato un progetto.
Non tutte le famiglie ospitano fisicamente i ragazzi, ma tutte aiutano in un modo o in un altro.
Quest’attività è solidarietà internazionale.
La Comunità è collegata all’”Auser” di Galeata, a sua volta collegata con l’Associazione Riminese di Miramare di Rimini, che sbriga le pratiche burocratiche e organizzative (cercare le famiglie, andare in Bielorussia, valutare le situazioni, ecc.). Dal 2007 c’è un accordo intergovernativo fra l’Italia e la Bielorussia, che dura 5 anni, proprio per favorire questo ed evitare problemi.
Su un numero di “Famiglia Cristiana” del 2007, c’era un articolo che dava 44.500 bambini bielorussi ospitati in tutto il mondo, di cui 21.500 solo in Italia (la nazione più accogliente).
Oltre la lingua, le famiglie ospitanti vengono informati sulle loro usanze, le loro abitudini: è necessario il conoscere le loro esigenze ed i loro stili di vita e non “imporre” i nostri o... accontentarli in ogni loro richiesta (se vedono qualcosa che a loro piace!).
Alcuni adulti scout che ospitano hanno avuto la fortuna di andare a conoscere le famiglie dei loro ragazzi, facendosi seimila chilometri in pullman, e andando a vivere... nelle loro condizioni! E’ stato molto importante e bello per tutti loro.


Rosella (Comunità M.A.S.C.I. Forlì 6)

Ribadisce l’importanza di conoscere, dapprima come insegnanti (già dalla scuola materna ed elementare), e poi trasmettere le varie culture, perché spesso l’ignoranza, anche in senso buono, e la mancata o errata trasmissione crea già differenze e problemi fra i ragazzi nel futuro.


Michele (Comunità M.A.S.C.I. “Genitori in cammino” Forlì 11 – Coriano)

Michele e la moglie hanno adottato, dopo aver perso due bimbi, bue bambine una eritrea ed una etiope, di razze diverse e addirittura in “guerra” fra loro.
Fanno parte del G.M.A. (Gruppo Missioni Africa, una volta Gruppo Missioni Asmara, ma ha dovuto cambiare l’ultimo termine per poter esercitare sia in Etiopia che in Eritrea).
A livello di attività, a Forlì, hanno preso delle bottiglie di plastica da 1,5 litri, hanno tolto loro l’etichetta e ricoperte con canovacci, in modo da farle diventare delle “bamboline”. Ogni volta che bevono l’acqua dal rubinetto, senza comprarla al supermercato, mettono un corrispettivo (mi pare 50 centesimi) nella “bambolina” e man mano che sono riempite portano i soldi in banca, versandoli in un apposito conto.
Hanno per ora raggiunto seimila euro (su quindicimila) per finanziare un potabilizzatore che servirà tre villaggi in Etiopia.
Tale attività era stata iniziata dal gruppo A.G.E.S.C.I., poi aumentata con la “parrocchia” e ora collabora anche la scuola.
Gli adulti facendo ciò si sono ritrovati ad essere....M.A.S.C.I.!
Purtroppo in Eritrea riescono ad operare soltanto il G.M.A. e l’L.V.I.A. che collaborano. Anche il G.M.A. ha una sede a Forlì, mentre la principale è a Montagnana, dove si ritroveranno la seconda domenica di settembre per il convegno delle famiglie con tema “la Comunicazione” (come l’A.G.E.S.C.I. quest’anno) – fanno il pullman per andarci -.
La figlia di Michele è capo scout ed è andata in Eritrea. Lì è appena nato, grazie ad un sacerdote, un gruppo scout con cui hanno fatto un “gemellaggio” e si sono scambiati i fazzolettoni.


Caro Cara (Comunità M.A.S.C.I. Cesena 1)

In poche parole racconta le esperienze che lui e Paola hanno fatto in Brasile ed in Albania, come capo campo e in cambusa.


Don Romano Nicolini

Don Oreste Benzi, direttore spirituale di don Romano, diceva che “E’ Dio  che ti dà la forza e non la compassione o la miseria”.
Al giorno d’oggi è molto importante l’integrazione dei ragazzi attraverso lo scautismo. Ci sono già gruppi A.G.E.S.C.I. con ragazzi mussulmani, solo che alla “Partenza” non possono scegliere di diventare capi in quanto nel “Patto Associativo” c’è la scelta della fede cattolica. Ora esiste anche l’Associazione Mussulmani Scout Italiani.
In una città della Sicilia, il Vescovo ha chiesto ad un diacono della sua diocesi di fondare un gruppo C.N.G.E.I., in modo che ogni ragazzo possa seguire la sua fede religiosa. (v. “Terza Chiacchierata intorno al fuoco” in “Scautismo per ragazzi” di B.P.).
Don Benzi diceva anche: “Prima fate e poi pensate”. Bisogna rischiare.


Vanda Sansovini (Comunità M.A.S.C.I. Forlì 6)

Vanda ed il marito Roberto hanno seguito Caro e Paola Cara per quanto riguarda il progetto Albania.
Non ha raccontato esperienze in particolare, ma le ha volute esprimere attraverso due significative espressioni di B.P.:
“Gioca e non stare a guardare” e...

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